IL PERCORSO

Il percorso ha visto la pratica dell'ascolto cognitivo.

Alla domanda rivolta agli alunni a fine anno scolastico (primo anno dell’esperienza), come progettazione partecipata per il lavoro dell’anno successivo, “Che cosa dobbiamo fare perché chi non vive qui si accorga del magredo, lo apprezzi e quindi ci aiuti a proteggerlo?” essi hanno risposto:
“Dobbiamo portarli lì…
Come abbiamo fatto con I bambini di Anduins
Ma in diverse stagioni
Studiando percorsi adatti a tutti
Dobbiamo proporgli i nostri laboratori…
E anche altri… (lana, storie da ascoltare, reali o di fantasia, ma legate ai
magredi, storie di guerra in Cellina)
Pubblicizzare le nostre proposte
Fare in modo che possano attuarle anche senza di noi
Studiare delle attività che facciano capire a chi li ha visti, come “funzionano i
magredi

Aiutarli a ricordare quanto hanno conosciuto”.

 

Che cosa ha permesso ai nostri bambini di delineare in modo così completo i
caratteri di questa esperienza? Principalmente le esperienze di magredo ‘vissuto’, di diversa natura nelle tipologie di seguito riportate.
Innanzitutto esperienze sensoriali, empatiche, emotivamente forti: siamo
talvolta riusciti a sentire all’unisono ciò che un vissuto ci comunicava; esperienze condotte direttamente all’interno dei magredi (vedi strumento didattico), oppure ascoltando testimonianze, proprie, dei propri familiari, di persone del luogo, sentite raccontare o anche registrate; anche i racconti dell’insegnante hanno lasciato il segno, tant’è che propongono per l’osservatorio l’angolo delle storie di magredo, in cui, per mezzo di cuffie si possano ascoltare vissuti più o meno passati, soprattutto in lingua friulana, inerenti i luoghi della nostra ricerca: episodi di guerra, di vita quotidiana, di ‘guerra moderna’, ovvero le manovre militari che ancora si svolgono
all’interno del territorio.
Tali esperienze sono servite a creare la curiosità nei confronti di questo ambiente e a trasformarla in interesse.
Sono seguite poi le esperienze di ricerca, sperimentazione, sfruttamento sul e del territorio: come attività di laboratorio, ad esempio, i bambini, provavano ad utilizzare elementi naturali raccolti nei magredi per riprodurre le sue sonorità; per comprendere invece ‘come funzionano’ i magredi, hanno attentamente osservato colori e composizione dei diversi terreni in esso presenti e raccolti, hanno poi, con l’insegnante, predisposto esperimenti con gli stessi, utili ad approfondirne la conoscenza.
Queste esperienze hanno permesso ai bambini di prendere coscienza di quanto poco conoscessero del territorio che li circondava, hanno trasformato l’interesse in motivazione ad apprendere, aperto in ciascuna classe itinerari di ricerca disciplinare in ambito scientifico e geografico, soprattutto, facilmente intuibili. Ogni uscita successiva, andava ad incrementare il bagaglio di conoscenze, ad approfondirle, ad aprire nuovi campi di indagine: dai terreni alla botanica, dalla fauna agli habitat.
A quest’ultimo proposito molto efficaci sono state le esperienze di ‘incorniciare il magredo’: ci hanno permesso di scoprire meraviglie in un quadrato di terreno (è sufficiente posare una cornice in legno su una porzione di terreno, ad esempio sulla riva ghiaiosa del fiume e contare le piante diverse presenti, spostarlo poi in un’altra porzione, ma di tipologia diversa di terreno e confrontare quanto in più si vede con quanto prima rilevato), di provocare riflessioni sulla presenza di piante anche dove,a colpo d'occhio pare non ce ne siano, di focalizzare l’attenzione sulle piante pioniere, di denominare le specie botaniche anche con il nome locale.
Camminare sui magredi ci è servito per imparare ad orientarci: già con le prime uscite è sorta la necessità di prendere dei punti di riferimento per saper rientrare a scuola; non riuscire ad orientarsi può significare camminare molto più a lungo del necessario e invano; inizialmente parevano sufficienti i grumi di sassi o i radi cespugli a fungere da punto di riferimento, ma non ci è voluto troppo a capire che era meglio fissare l’attenzione sulle torrette militari o sul lontano campanile per sapere in quale direzione trovare il letto del torrente o dove ritrovare i ponticelli che permettevano di superare il confine militare.
Infine, le esperienze sul magredo hanno stimolato la nostra fantasia: un sasso poteva divenire, dipinto ad arte, un portafortuna; una radice, uno splendido mobiles; i rami del salice, un cesto.
Tutto ciò ha investito gli alunni di una certa responsabilità: il magredo è nostro, nessuno ce l’ha così, come proteggerlo?
Ovvio: facendo provare anche agli altri ciò che abbiamo provato noi e l’essere riusciti a farlo, testando il nostro percorso di didattica situata, così come l’avevamo sperimentata noi, con la scuola primaria di Anduins ci ha convinti della validità della proposta e della necessità di metterla a punto perché divenisse un’esperienza riproponibile a qualsiasi scolaresca che lo richiedesse.

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